top of page

Bimbiminkia, spie e complotti. Meloni resta al 30%

Writer's picture: Koinè JournalKoinè Journal

di Luca Simone.


Sono state settimane densissime quelle che hanno seguito il ritorno dalle festività natalizie, settimane che hanno visto il governo Meloni incappare in uno scandalo dopo l’altro. Eppure, nessuno di questi scandali sembra essere stato sufficiente a scalfire quel 30% che nei sondaggi viene attribuito a Fratelli D’Italia ormai dal suo insediamento a Palazzo Chigi nell’ottobre del 2022. Ma come è possibile? Come è possibile che nessuna delle sciagure in cui incappi il governo sia sufficiente per far cambiare idea agli elettori? Come è possibile che nonostante tutto, la Sorella D’Italia, sia ancora vista come l’unica inquilina possibile di Palazzo Chigi?

 

In principio fu il caso Santanchè. La ministra del Turismo, al ritorno dalle vacanze a Cortina, aveva dichiarato di non aver alcuna intenzione di sbullonarsi dalla poltrona, ben sapendo che, data la sua pluridecennale carriera politica, sono ancora molti i crediti che può esigere dai suoi compagni di partito. In particolare da quell’Ignazio La Russa, Presidente del Senato che, però, è anche suo socio e consulente legale. Eppure, le accuse che pendono sul capo della ministra sono oltremodo gravi, trattandosi di un’ipotesi di truffa ai danni dello Stato per l’ormai arcinoto caso Visibilia.

 

Poi venne Almasri. Senza scomodare il magistrale Carlo Emilio Gadda, la vicenda si può definire un “pasticciaccio brutto brutto”. Il torturatore libico, sul quale pendeva una condanna passata in giudicato della Corte Penale Internazionale dell’Aia, era stato arrestato dalle autorità italiane, ma anziché essere sbattuto in galera (dove meriterebbe di stare a vita, visti i crimini indicibili di cui si è macchiato), era stato piazzato su un volo dei servizi segreti italiani, e riportato in Libia. Allo scalo era poi stato accolto da ali di folla, e quelle immagini avevano fatto il giro del mondo gettando fango sul nostro Paese. Al di là dei commenti sull’episodio in sé, è innegabile da chiunque che la posizione internazionale dell’Italia ne sia uscita quantomeno lacerata.

 

Nella vicenda c’è stato spazio anche per la tragicommedia, perché non bastasse l’aver rimpatriato un torturatore, i ministri Nordio e Piantedosi si sono recati davanti a Camera e Senato a riferire del loro operato. Un operato che, per legge, non poteva non essere stato ispirato dal capo del Governo, unico titolare dell’autorità per decidere in materia. Giorgia Meloni, però, in Parlamento non si è presentata, tra gli sghignazzi delle opposizioni. “Presidente del Coniglio”, “Complice degli scafisti”, questi solo alcuni degli epiteti a lei indirizzati durante le sedute. Ma come se la sono cavata i suoi ministri? Per rispondere basta semplicemente ricordare che Nordio ha sostenuto di aver disposto la scarcerazione perché non è riuscito a tradurre il documento in inglese della CPI. Piantedosi a quel punto ha replicato di aver compreso perfettamente il documento, che parlava di Almasri come soggetto pericoloso per l’Italia, motivo per cui aveva deciso di rispedirlo in Libia. In sostanza, bastava che i due almeno si telefonassero, e l’Italia si sarebbe risparmiata la gogna mondiale.

 

Poi vennero le chat interne di Fratelli D’Italia scoperte dal Fatto Quotidiano, in cui è mersa tutta la disistima che la premier e il suo cerchio magico nutrono nei confronti del viceministro Salvini. Da “bimbominkia” a “buffone”, questi sono solo alcuni degli aggettivi che il Gotha meloniano ha indirizzato verso l’alleato di governo. Un’inchiesta che contribuisce a far luce sui reali rapporti interni ad una coalizione formata da 3 formazioni partitiche che si odiano, e in certi casi lo dimostrano anche alla luce del sole. Non un solo esponente di punta di FDI è sceso in campo per mostrare vicinanza al leader del Carroccio, ci ha provato Meloni con un post su Facebook, ma con scarso successo.

 

Dulcis in fundo, la vicenda Paragon. Il potentissimo spysoftware Graphite, usato per spiare i terroristi, i trafficanti internazionali, prodotto dal colosso della sicurezza israeliana Paragon, sarebbe stato utilizzato dall’Italia per spiare giornalisti e dissidenti. 7 in totale, tra cui Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, e Luca Casarini, fondatore della ONG Mediterranea. A nulla sono valse le smentite del governo e dei dirigenti dei servizi, che hanno tentato di dare la colpa a Paragon stessa. L’azienda ha risposto lapidaria di aver stracciato il contratto con l’Italia, perché il nostro Paese, quindi le nostre istituzioni, avrebbero violato il serratissimo codice etico di Graphite, che impone di utilizzarlo solo ed esclusivamente verso soggetti pericolosi.

 

Risparmiando di parlare anche del caso Albania (progetto fallimentare, pochi giorni fa l’ennesimo rimpatrio), dello scontro al vetriolo con la magistratura, e dell’aumento della curva recessiva economica (dovuta anche ai pesanti tagli imposti dalla finanziaria), viene da chiedersi “Ma come fa a stare ancora al 30%?”

 

La risposta potrebbe apparire complicata, ma in realtà è molto semplice, basta mettersi nei panni degli elettori e delle elettrici. Troppo facile descrivere l’elettorato come composto da brutti sporchi e cattivi, per comprendere l’andamento elettorale, il primo passo da compiere è cercare di capire la percezione che questo ha della politica. Semplicemente, non riescono ad intravedere alcuna credibile alternativa al governo attualmente presieduto da Giorgia Meloni. Non ancora almeno.

 

Schlein è vista come inadatta a comandare. Stando agli indici di gradimento, la segretaria DEM è considerata una candidata credibile alla sostituzione di Meloni solo da 1 italiano su 4, percentuale che condivide con il suo scomodo alleato pentastellato. Dati questi (elaborati da YouTrend), che spiegano bene come mai nessuno di questi scandali (uno peggiore dell’altro), abbia incrinato anche solo di mezzo punto percentuale, quel 30% che ancora fa di Fratelli D’Italia la forza da battere.

 

In estrema sintesi, per quanto il governo Meloni si stia dimostrando sostanzialmente fallimentare in molti dei punti portati avanti in campagna elettorale, sono pochi gli elettori che ritengono che una formazione di opposizione a trazione giallorossa potrebbe effettivamente fare meglio. Se abbiano ragione o torto, lo sapremo solo con il tempo.





Image Copyright: Sara Minelli/IMAGOECONOMICA

Comments


bottom of page