DL Sicurezza o DL della paura?
- Koinè Journal
- Apr 9
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di Denise Capriotti.
Il 4 aprile 2025, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato il nuovo DL Sicurezza, un decreto legislativo che riprende in gran parte le disposizioni del Ddl Sicurezza (o Ddl 1660), originariamente presentato nel settembre 2024. Il disegno di legge, che prevedeva misure per rafforzare la sicurezza pubblica – tra cui il potenziamento dei controlli sul territorio, l’incremento delle pene per chi aggredisce le forze dell'ordine e il contrasto all'occupazione abusiva – aveva però incontrato una serie di difficoltà politiche e finanziarie che ne avevano ostacolato l’approvazione definitiva.
Per aggirare il lungo processo della proposta di legge - che prima di acquisire forza deve sottoporsi a un lungo percorso di discussione e approvazione in Parlamento - la premier Giorgia Meloni ha deciso di riproporre il Ddl Sicurezza (Disegno Di Legge) non più come proposta, ma come Dl Sicurezza (Decreto legge).
I decreti legge rappresentano uno degli strumenti normativi più potenti nelle mani del governo italiano, poiché consentono l'adozione immediata di provvedimenti in situazioni di emergenza, senza la necessità di passare attraverso l'iter legislativo parlamentare.
Una volta approvati dal Consiglio dei Ministri, i Dl entrano in vigore immediatamente, ma devono essere convalidati dal Parlamento entro 60 giorni, altrimenti decadono.
È così che, qualche giorno fa, il Dl Sicurezza è stato approvato, nonostante un anno e quattro mesi di dibattito parlamentare, proteste in tutto il paese e la bocciatura dell’ONU, dell’OSCE e del Consiglio d’Europa.
Al di là del contenuto del decreto, che esamineremo tra poco, ciò che ha suscitato dubbi tra i
cittadini è stata l'“urgenza” invocata dal governo per giustificare l'introduzione di questo provvedimento. Un’urgenza che chiaramente non c’è.
Ma cosa cambia dal Ddl Sicurezza proposto nel 2024 al Dl Sicurezza recentemente approvato?
Un punto significativo riguarda la protezione legale per il personale delle forze di difesa, sicurezza e soccorso pubblico. In caso di agenti o militari sotto inchiesta per reati connessi al servizio, sarà garantita la continuità del lavoro e il finanziamento delle spese legali, con un massimo di 10.000 euro per ciascuna fase del procedimento. Una mossa che sembra rispondere alle necessità di tutelare chi lavora in contesti ad alta tensione, ma che solleva interrogativi sulla possibile strumentalizzazione di tale supporto.
Sul fronte della tecnologia applicata alla sicurezza, il decreto prevede l'introduzione delle bodycam per le forze di polizia, dispositivi di videosorveglianza indossabili che potranno monitorare in tempo reale le operazioni sul campo.
Inoltre, si consente agli agenti di pubblica sicurezza di portare, anche quando non in servizio, un'arma privata senza necessità di ulteriore licenza. Questa liberalizzazione ha suscitato dibattiti, con molti che esprimono preoccupazione riguardo al possibile aumento del numero di armi in circolazione e alle implicazioni per la sicurezza pubblica.
Un altro punto controverso riguarda il trattamento delle manifestazioni pubbliche. L'introduzione di una pena per chi compie lesioni a un pubblico ufficiale durante una protesta, con la possibilità di arresto in flagranza, sembra una risposta alle crescenti tensioni sociali, ma non può non sollevare preoccupazioni sulla libertà di espressione. In un contesto democratico, la criminalizzazione di comportamenti legati a manifestazioni pubbliche potrebbe riservare risvolti preoccupanti, soprattutto in relazione alla già discussa "norma anti-Gandhi", che punisce la resistenza passiva con pene da uno a cinque anni.
Il testo del decreto si occupa anche delle proteste contro grandi opere pubbliche. Seppure modificato, il provvedimento mantiene l’aggravante per chi ostacola la realizzazione di infrastrutture strategiche, ma ora è limitata alle opere che riguardano energia, trasporti, telecomunicazioni e altri servizi pubblici. Il rischio di un eccessivo potere discrezionale nell’individuazione delle opere da tutelare rimane, aprendo la strada a possibili abusi.
Non meno rilevante è la trasformazione del blocco stradale da illecito amministrativo a vero e proprio reato, con pene che arrivano fino a sei anni di carcere se compiuto durante una manifestazione da più persone. Un ulteriore passo verso una penalizzazione severa di chi
protesta, che potrebbe avere l’effetto di limitare la capacità di espressione delle opposizioni.
Spicca la modifica riguardante la nuova configurazione del reato di rivolta nelle carceri, nei centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) e negli hotspot. Anche in caso di resistenza passiva, la pena prevista è da uno a cinque anni, ma solo se tale resistenza compromette la gestione
dell’ordine e della sicurezza.
Un altro cambiamento riguarda la disciplina sull’occupazione abusiva di abitazioni: non solo vengono introdotte pene più severe per chi occupa una casa con violenza, ma si permette
anche l’intervento immediato delle forze di polizia per procedere allo sgombero.
Sul fronte delle comunicazioni, la riformulazione del divieto per i migranti senza permesso di soggiorno di acquistare una Sim card sembra aver trovato un compromesso, permettendo l’acquisto con un documento di identità valido. Una piccola apertura che tuttavia non smantella la visione complessiva del decreto, centrata su misure restrittive.
Il decreto introduce una nuova fattispecie penale che punisce da due a sei anni di reclusione chiunque si procuri o detenga materiale “con finalità terroristiche”.
Questa formulazione, sebbene mirata a contrastare la diffusione di materiali pericolosi, appare ampia e potrebbe includere documenti, pubblicazioni o contenuti online non necessariamente legati ad attività terroristiche concrete. Di conseguenza, attivisti, giornalisti o semplici cittadini in possesso di tali materiali potrebbero essere esposti a procedimenti legali, sollevando preoccupazioni riguardo alla libertà di espressione e al rischio di criminalizzare forme di dissenso o di legittima informazione.
Desta preoccupazione l’inasprimento delle sanzioni contro la cannabis light, che viene equiparata alla droga vera e propria. Il divieto di commercio e distribuzione di prodotti derivanti dalla canapa rappresenta una scelta netta contro il consumo di questa sostanza, nonostante gli appelli di chi ne chiedeva una regolamentazione più equilibrata anche per fini medici.
In seguito alla pubblicazione di questo decreto il magistrato Nello Rossi, direttore di “Questione giustizia” ha sottolineato come l'abuso dei decreti legge serva per introdurre nuove norme penali senza il necessario dibattito parlamentare.
“Il ricorso ai decreti legge, anche senza urgenza, è sempre negativo", ha affermato, criticando l’assuefazione al metodo.
Segue la protesta della “Rete Nazionale contro il Ddl Sicurezza” che ha commentato: “Da ora in poi, l’Italia è un paese meno democratico, dove l’agibilità politica per chi dissente è fortemente limitata, dove i diritti degli ultimi sono un problema di ordine giudiziario e non sociale”.
Il Decreto Legge Sicurezza costruisce l’immagine di un nemico, quello del manifestante, del migrante, del povero, non ha l’obiettivo di affrontare problemi concreti.
Con una retorica incentrata sulla necessità di più sicurezza, si fa leva sulla paura per giustificare un modello autoritario che concede più potere nelle mani delle forze dell'ordine, provandoci sempre di più dei nostri diritti. Non si discute mai di istruzione, sanità o abitazioni popolari. Si parla esclusivamente di "sicurezza", perché la paura crea divisione e induce all'obbedienza.
Per Meloni questo provvedimento è "urgente e necessario", per noi va abolito. Il DL della paura è un insulto alla democrazia.
BIBLIOGRAFIA
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2025/04/04/25G00053/SG https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2025/04/08/cosa-prevede-il- decreto-sicurezza https://www.instagram.com/p/DIENOUbtZst/?igsh=MWtpeGd5aHJuMTEwdQ== https://www.ilsole24ore.com/art/decreto-sicurezza-ecco-tutte-norme-tutele-agenti-e- militari-nuovi-reati-AGasukyD
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