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Milano: una città che ignora la realtà

Writer's picture: Koinè JournalKoinè Journal

di Sebastiano Del Rosso.


In un articolo del 9 gennaio, il Financial Times scrive che Milano, con le sue gallerie, i suoi teatri, le sue mostre e quant’altro diventerà nel giro di qualche tempo il nuovo hotspot artistico europeo.

 

Due giorni prima, il 7 gennaio, un take di ANSA riporta che la Procura di Milano ha disposto il controllo giudiziario in via d’urgenza con la contestuale nomina di un amministratore giudiziario della società cooperativa Fema, che fornisce personale per eventi e per servizi museali. Fema, nella persona del suo presidente, è accusata di caporalato perché ha reclutato “manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori”.


Un parziale elenco dei terzi (estranei all’indagine) cui è destinata la manodopera: Piccolo Teatro, Teatro alla Scala, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, Orchestra Filarmonica della Scala e Fiera Milano.

 

L’articolo 36 della Costituzione recita che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.

 

La retribuzione netta di alcuni dipendenti Fema – maschere teatrali, addetti alla sicurezza e via dicendo – oscilla da meno di 5 euro a quasi 6 euro e 50 all’ora. Una dipendente ha dichiarato di percepire 600 euro netti al mese, altri 800, altri ancora hanno uno stipendio che vai dai 1.107 ai 1.146 euro.


A Milano una stanza in una casa in condivisione arriva a costare anche 750 euro, un monolocale 1.000 e un bilocale 1.200. Nel 2024 i canoni di affitto sono aumentati del 5,9%. .

 

In Italia i salari reali sono fermi da trent’anni: dal 1990 a oggi l’area OCSE ha registrato un aumento del 32,5%, in Italia l’aumento è stato dell’1%. La retribuzione media del nostro Paese è di 35 mila euro, quella dell’area OCSE di 46 mila euro (Employment | OECD).

 

A Milano un paniere di beni essenziali costa il 23% in più rispetto alle altre città italiane. Alcuni contratti nazionali prevedono la paga di 6/7/8 euro l’ora, mentre a Milano ne servirebbero almeno 10. Alcuni contratti rappresentativi non prevedono livelli sopra i 9 euro l’ora. Tommaso Greco (professore universitario, fondatore del movimento «Adesso!») propone un salario minimo milanese, in una città dove la carenza di personale permea ogni settore: ristorazione, edilizia, trasporti, sanità.

 

Questi numeri (parziali) servono a dare una fotografia (parziale) di quella che a tutti gli effetti è la capitale italiana della negazione della realtà, piuttosto che dell’arte o della finanza. Se le persone non arrivano a pagare l’affitto con lo stipendio, la colpa non è di una città sempre più escludente, aperta solo agli ingenti capitali esteri, dove il ceto basso non esiste più, il ceto medio-basso è in fila davanti alle onlus che distribuiscono generi alimentari e il ceto medio sta fuggendo in provincia; no, secondo Milano, la colpa è di regole antiquate che non permettono di attuare gabbie salariali. Con un colpo di marketing, il problema è spostato altrove.

 

Milano è la cartina tornasole dell’Italia. Una città che ignora e reiteratamente trascura la propria forza lavoratrice è una città destinata a morire. Le prime avvisaglie sono sotto gli occhi di tutti: la rabbia delle periferie, i giovani in fuga, le retribuzioni da fame, il disastro abitativo: sono pezzi di un puzzle che restituiscono un identikit di Milano – e dell’Italia – oggi.

 

Le questioni di cui sopra sono legate fra loro e i politici dovrebbero affrontarle come un problema unico. La gente, in periferia come in centro, i single come le coppie, gli infermieri come i tranvieri, i giovani come gli adulti, sono inca**ati perché non arrivano a fine mese, perché davanti a loro non c’è il vuoto pneumatico, bensì un futuro di sofferenza e incertezza all’interno di un Paese in cui ogni possibilità di crescita è soffocata sul nascere.

 

La domanda sorge spontanea: quando a Milano mancheranno i lavoratori, chi farà entrare i turisti che la città tanto si sforza di attrarre all’interno delle sue gallerie e dei suoi musei?




Image Copyright: Radio Popolare

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