di Luca Simone.
Ormai ci siamo, domani in Italia si vota per le elezioni europee. La campagna elettorale è ormai giunta alle ultimissime battute e ci si scontra senza pietà fino all’ultima preferenza. Saranno le elezioni più importanti della storia dell’Unione Europea, ma anche un importante test per calibrare il consenso su scala nazionale, ed è evidente a tutti. Ed è proprio per questo che è necessario andare a votare. È necessario perché in gioco c’è il futuro di un intero continente che deve trovare il suo posto all’interno di un ordine internazionale in evoluzione, risolvendo anche le sue infinite controversie interne. È necessario, quindi, perché in gioco c’è il futuro di tutti.
L’Europa è ad un bivio. Continuare a testa bassa sulla strada che ha percorso finora non è più possibile. È ormai evidente a tutti, anche ai meno attenti, che la grandezza delle sfide da affrontare non è più compatibile con un’Unione che fa dei legami commerciali il suo unico collante. Negli ultimi decenni, infatti, il sentimento europeo si è andato affievolendo, e le cause sono molteplici (e non staremo qui a spiegarle), ma l’unico risultato è stata la nascita sempre più forte di un sentimento euroscettico che vedeva e vede nella comunità dei 27 non più un’opportunità ma un limite.
Questa avversione nei confronti di un soggetto politico avvertito come tecnocratico, imposto ed occupato a burocratizzarsi ha creato i presupposti per un’erosione di quel collante ideologico che soltanto pochi decenni fa aveva permesso il processo di integrazione europea. Un processo che era riuscito a portare pace e stabilità in un continente che aveva vissuto ben due guerre mondiali e catastrofi inimmaginabili.
Oggi le sfide che si trova a dover affrontare la “menomata” Europa sono epocali, e ogni passo indietro è un passo avanti verso la catastrofe. A partire dal rovesciamento dei paradigmi internazionali che hanno portato di nuovo in auge la politica di potenza condotta da attori regionali. L’arretramento degli Stati Uniti e la debolezza dell’ONU hanno infatti permesso a Stati come Russia, Turchia, Iran e Cina di inserirsi all’interno di un vuoto, e questa frattura ha totalmente modificato l’ordine internazionale precedente sul quale l’Europa aveva basato la sua politica. Di fronte alle crisi in Ucraina e Medio Oriente l’UE ha mostrato tutta la sua debolezza, la sua inadeguatezza e le sue spaccature interne. La mancanza, infatti, di una politica estera e di una politica di difesa comune ha impedito a Bruxelles di presentarsi come un attore internazionale in grado di porsi come arbitro e mediatore credibile di conflitti.
Questa difficoltà a catalizzare gli sforzi verso il raggiungimento di un obiettivo comune è evidente anche nel caso della tanto chiacchierata “transizione green”. Al di là dei metodi sui quali si può discutere a lungo, di fronte a questa sfida epocale per il futuro dell’Europa e del mondo (non soltanto in materia ambientale ma anche economica), l’UE si è dimostrata assolutamente incapace di elaborare una politica comune che le permettesse di affrontare la sfida in modo compatto e unitario. Il successo della transizione green, infatti, non è solo necessario per un fattore di tipo ambientale, ma economico. Un’Europa che riesce a rimodellare il suo settore industriale, cambiando le proprie linee di approvvigionamento energetico e che riesce ad evolvere il suo intero apparato produttivo per metterlo al passo coi tempi consentirebbe, ad esempio, di non rendere potenze in ascesa potenzialmente rivali ed egemoni (come la Cina) arbitre di questo processo, con tutte le conseguenze che ben possiamo immaginare.
Le sfide, dunque, sono molte e sono epocali, e per affrontarle è necessario che tutti possano esprimere democraticamente la propria opinione attraverso il voto. Perché non è certo con l’astensionismo che si possono cercare soluzioni. È ovviamente comprensibile che anni, se non decenni, di delusioni politiche abbiano pesantemente menomato la fiducia nelle istituzioni e nella politica stessa. Soprattutto quella europea, da sempre vissuta in Italia come distante e, per certi versi, superflua. Ma è con i voti che si viene eletti, e questo fa del voto uno strumento potente. Uno strumento che serve a dimostrare non solo il proprio interesse, ma anche la propria volontà di cambiare le cose. Qualunque sia la scelta, non lasciare che qualcuno la faccia per te. Vota. Perché, se la politica, per come è ora, non ti sta bene, è solo con il voto che puoi sperare di cambiarla.
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